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Diciamolo: lo smart working e il telelavoro stanno piacendo a tantissimi di noi. È vero, siamo costretti a farlo a causa delle disposizioni governative, ma chi ha a casa una connessione decente e un computer portatile sta scoprendo più tempo per sé attraverso un modo diverso di lavorare, pur continuando a far più o meno le stesse cose.

Innanzitutto, smart working e telelavoro non sono la stessa cosa. Lo smart working è lavorare in autogestione per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Telelavoro è invece una formula regolamentata di spostamento della sede di lavoro da una zona a un’altra (l’abitazione o un altro luogo) che prevede di rispettare gli orari tradizionali di ufficio e dove il datore di lavoro è giustificato a un controllo. Qualunque forma sia, il Coronavirus ci sta obbligando al più grande esperimento globale di lavoro a distanza e resterà una serie di case studies memorabili. Credo che molte aziende continueranno ad adottarlo in futuro e quindi che il processo di digitalizzazione sarà incrementato con nuovi software che vedranno funzionalità ad hoc per le singole imprese.

Gli smartworker, ossia quei lavoratori dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro, sono circa mezzo milione qui, la maggior parte soddisfatta di praticarlo. Internet ti fa veramente lavorare da ovunque, ma l’organizzazione è su obiettivo, in cui si valutano i risultati. Hai un lavoro da portare a termine entro un tempo stabilito. Che tu lo faccia a casa, al bar, di notte o al mare. L’Italia ha una legge tra le più avanzate in Europa: la Legge 81/2017. Ciò che finora ne ha limitato l’adozione è la resistenza dei vertici, che pensano di non poter esercitare il controllo sui sottoposti, una scarsa inclinazione tecnologica degli over-50 e una generale resistenza al cambiamento. La solitudine del capo, che ha la sensazione di non esercitare il suo potere, si scontra oggi, nel momento di blocco forzato degli spostamenti dovuto al Covid-19, con l’obbligo di consentire ai propri collaboratori di sperimentare i vantaggi del lavorare da casa.

I vantaggi sono per tutti. Per le persone, ridurre gli spostamenti da casa al lavoro significa guadagnare tempo e denaro, riducendo l’inquinamento e il traffico, anche il rischio da incidenti. Avete notato che l’aria è poco inquinata in questi giorni di clausura da Coronavirus? Più tempo per se stessi, per la famiglia, per i figli e gli amici, si decidono i propri orari, gli interessi. Occorre però non isolarsi, favorire il contatto umano, ed ecco oggi le party-chat in videoconferenza – che domani torneranno a essere aperitivi nei bar e passeggiate al mare. Per le aziende significa ridurre gli spazi lavorativi, quindi i costi, e i servizi per il personale. Inoltre, pare che aumenti la produttività perché ognuno è più responsabile e può gestirsi meglio. Quindi è più felice di lavorare. Si riduce anche la conflittualità tra le persone. Si inducono i capi a organizzarsi per obiettivo: e questo è un enorme passo avanti.

Ovviamente il telelavoro non è per tutti. In Italia su 23 milioni di lavoratori il 70% è fatto di impiegati, manager, dirigenti, professionisti. Il numero di persone che possono lavorare a distanza è alto, ma sicuramente ciò non vale per un operaio, un chirurgo, un poliziotto o uno chef. In molti casi, però, anche i mestieri tradizionali stanno mutando, come nel caso della telemedicina, dove la maggior parte dei casi viene trattata dal medico a distanza. Strano però che per renderci conto che è possibile fare telelavoro e smart working con soddisfazione sia un virus che ci obbliga a restare in casa, ma spesso le innovazioni sono introdotte a causa di eventi traumatici, e questa è l’eccezione che conferma la regola.

Fabio Fabbi

 

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